Il castello di Rovasenda

La prima attestazione del toponimo si trova in un diploma dell’imperatore Carlo il Grosso dell’anno 882, cui si fa riferimento ad una “scilvam Rovaxindam”. Il diploma imperiale di Corrado II del 1027 sembra riferirsi per la prima volta al toponimo “Rovasindam” come centro abitato, parte dei territori infeudati alla Chiesa di Vercelli. Nel XII secolo Giovanni, discendente dei conti di Biandrate, ottiene l’investitura del feudo di Rovasenda dall’imperatore Federico I. Con lui ha inizio la signoria dei Rovasenda, che durerà ininterrottamente fino al XVIII secolo. Contestualmente ha inizio la costruzione di un castello, a scopo difensivo, collocato nelle vicinanze del villaggio, che presto attira nella sua orbita gli abitanti dell’antico borgo (situato poco distante sulle rive del torrente Marchiazza) e assume una notevole centralità nella vita economica e sociale di quel territorio.
Nel corso del XIV secolo, in seguito alle lotte tra Guelfi e Ghibellini, Rovasenda passa, come il Comune di Vercelli, sotto il controllo dei Visconti, signori di Milano, dal quale presto cerca di svincolarsi grazie all’alleanza con il Marchese del Monferrato.
In un contesto di forti contrasti per il controllo del territorio, prima tra Guelfi e Ghibellini nel XIII secolo, poi tra le maggiori signorie dell’Italia nord occidentale (i Visconti di Milano, i duchi di Savoia e i marchesi del Monferrato), Rovasenda si distingue per la continua ricerca di un’autonomia rispetto ai contendenti, cifra della sua strategia politica nel basso Medioevo. Nel luglio del 1413, tuttavia, dopo giorni di assedio da parte delle truppe di Amedeo VIII, duca di Savoia, i signori di Rovasenda sono costretti a capitolare e ad accettare la resa a casa Savoia, di cui divengono feudatari.
Nel XVI secolo Rovasenda, durante gli scontri tra gli eserciti di Spagna e Francia, subisce gravi danni. Secondo alcuni studiosi, durante una di queste battaglie, trovò la morte proprio a Rovasenda Pierre Terrail, signore di Bayard, uno dei più celebri cavalieri fedeli al re di Francia. A questo personaggio è attualmente intitolato il viale che costeggia il Castello di Rovasenda.

Di seguito le descrizioni dei documenti e delle immagini presenti nella galleria sottostante

N. 1 - Il diploma di Corrado II

A partire dal 999, in seguito alla concessione in perpetuo al vescovo Leone da parte dell'imperatore Arrigo II della città e della contea di Vercelli, i vescovi eserciteranno un ampio potere temporale sul territorio della diocesi, prima che l'affermazione dell'istituzione comunale, già presente alla metà dell'XI secolo, ne limitasse il potere fino a soppiantarlo. Le donazioni sono rinnovate dai successivi imperatori, come testimonia questa pergamena conservata presso il nostro archivio, nel fondo appartenente alla famiglia dei nobili Berzetti di Murazzano. L'imperatore Corrado II, da poco incoronato re d'Italia e imperatore del Sacro Romano Impero nel 1027, conferma al vescovo-conte Alderico la titolarità del potere sulle terre e i beni già concessi dai suoi predecessori, comprendenti la città e il contado Vercelli, i distretti di Santhià e di Biella, l'abbazia di S. Michele di Lucedio e tutti i villaggi, i castelli e le corti con le loro pertinenze che ricadono in questi territori, sui quali il vescovo conserva inoltre la potestà di esigere il teloneo (dazio sulla circolazione delle merci). Tra questi villaggi compare il nome “Rovesindam”.
Il documento è una copia imitativa dell'inizio del XIII secolo, in quanto riproduce anche i caratteri grafici del diploma originale, come l'intitulatio (il nome e i titoli dell'autore del documento) in litterae elongatae (caratteri di modulo grande e di forma alllungata) e il monogramma dell'imperatore (segno di sottoscrizione formato da alcune lettere del nome e del titolo, reale e imperiale, in nesso e sovrapposte).

N. 2 - Il castello

La costruzione del castello, a scopo difensivo, ha inizio nel 1170 ad opera di Alberto di Rovasenda su una lieve altura. Il primo impianto era costituito dalla rocca, dal mastio e dalla cinta muraria, che delimitava anche un’area adibita a ricetto, con annessa cappella ad uso dei signori. Nel XV secolo vennero effettuate opere di restauro e di ampliamento: risale a questa fase la costruzione della torre, che ancora oggi svetta, con i suoi 48 metri di altezza, a simbolo di Rovasenda. Alla fine del ‘400 il complesso venne ampliato con la costruzione di un’ulteriore ala fortificata. Tra XVII se XVIII secolo il castello subì diversi interventi, rifacimenti e demolizioni, che ne hanno alterato l’aspetto originario.

N. 3 - "Atto di dedizione e successiva infeudazione del luogo di Roasenda"


Il 14 luglio 1413, dopo giorni di strenua resistenza all’assedio della rocca da parte dell’esercito sabaudo, avendo atteso invano l’aiuto del marchese del Monferrato, Albino, Giorgio, Giovanni e Bonifacio di Rovasenda uscirono dal castello e dichiararono la propria resa alle truppe di Amedeo VIII. Grazie alla mediazione di Ugo di Hervhorst, ambasciatore dell’imperatore, presto si giunse ad un accordo sulla capitolazione sancito dall’atto di dedizione che conserviamo in Archivio di Stato in una copia ottocentesca. Nel documento i signori di Rovasenda riconoscevano la supremazia dei Savoia sui loro territori, che conservavano tuttavia in feudo con pieno riconoscimento di tutti i privilegi e diritti esistenti. I rapporti di diritto feudale tra i due casati saranno regolati di tale atto fino all’abolizione del feudalesimo.

N. 4 - Rovasenda nelle mappe

1812, 15 maggio Vercelli
“Plan figuratif d’une partie du Territoire de la Commune de Roasenda ou sont indiquées les piéces de differents proprietaires qui ont Ensemencées à riz en l’an 1811 et en l’an 1812“
Piano dimostrativo di una parte del territorio della Comunità di Rovasenda dove sono indicate le pezze seminate a riso, con relativi proprietari, negli anni 1811 e 1812.
Ferrarotti Architetto, senza scala, 280x380 mm.

Nella parte centrale del disegno è rappresentata parte dell’abitato con indicazione del Castello e della chiesa parrocchiale intitolata a S. Maria Assunta.