Alle pendici del Monte Rosa... Alagna!

In questo territorio fin dalla seconda metà XIII secolo sono attestate due comunità linguistiche: i valsesiani italofoni i “wailschu” e germanofoni i “titschu” che oggi chiamiamo Walser, parola che ricorda la loro provenienza dal Cantone svizzero del Vallese.
Accanto alle tradizionali attività degli alpeggi e dei mestieri dell’edilizia, in cui erano particolarmente rinomati gli appartenenti alle genti Walser, si affiancò quella mineraria.
La prima testimonianza di una pratica estrattiva risale all’anno 1000, in un diploma dell’imperatore Ottone III che concedeva alla chiesa vercellese l'oro estratto nel vescovato di Vercelli e Santhià. Si trattava con ogni probabilità di oro alluvionale, prodotto dal lavaggio delle sabbie dei fiumi.
A partire dal 1634 Giorgio d'Adda ottenne la concessione per coltivare in proprio sia la miniera d'oro di Alagna sia di ogni altra miniera di qualunque metallo che egli avesse ritrovato in Valsesia, ma l’industria estrattiva iniziò ad incidere economicamente e demograficamente a partire dal Settecento, con l’annessione allo Stato piemontese. A questo periodo risale un vero e proprio boom minerario che richiamò lavoratori anche dal Biellese e Canavese.
Il confuso quadro politico che scaturì in seguito alla conquista Napoleonica di inizio ‘800 ebbe ripercussioni per la sempre precaria economia valsesiana, soprattutto per l’attività estrattiva, gravata pesantemente dalla presenza di dogane.
Verso la fine del XIX secolo iniziò l’ingresso di capitali stranieri, in particolare francesi ed inglesi. Tra alterne vicende, durante le due guerre mondiali, si ebbe il fallimento delle diverse società impegnate nello sfruttamento delle miniere.

Di seguito le descrizioni delle immagini presenti nella galleria sottostante

N. 1 - Tipica casa Walser

I Walser sono i discendenti dei coloni che si stanziarono, fin dal XIII secolo, nelle regioni alpine intorno al massiccio del Monte Rosa e che fondarono, in Valsesia, diversi insediamenti: tra i più importanti quelli di Alagna, Rima e Rimella.
Alagna fu probabilmente la prima colonia walser della Valsesia che, nel XVI secolo, in seguito ad una fortissima espansione demografica, fu designata parrocchia indipendente.
Queste comunità mantennero fino almeno al XVIII secolo una chiusura sociale e linguistica nei confronti delle genti vicine, ma una grande apertura verso le valli d’oltralpe.
L’attività mineraria, che esplose nel XVIII secolo, contribuì notevolmente ad allentare la netta divisione tra i due gruppi linguistici in seguito alla forte immigrazione di lavoratori dal Biellese e dal Canavese.

N. 2 - Storia delle miniere. Origini

Pur in assenza di evidenze archeologiche risale probabilmente ad epoca antica l'inizio dell'attività estrattiva in Valsesia. La prima testimonianza certa è del 1 novembre dell'anno 1000; un diploma dell'imperatore Ottone III concedeva alla chiesa vercellese l'oro estratto nel vescovato di Vercelli e Santhià. Dalle leggi municipali di Vercelli del XIII secolo e da due contratti, datati 1230, sappiamo che nei monti della provincia esistevano delle miniere, di localizzazione incerta, ipotizzabile nella zona di Postua. Prima del XVI sec. le attività minerarie in Valsesia, come nel resto dell'arco alpino, si svolsero in gran parte a livello clandestino. I più antichi documenti rinvenuti che si riferiscano a scavi minerari in Alagna risalgono al 1592, quando un gruppo di persone, tutte valsesiane, chiese e ottenne regolare concessione dal governatore dello Stato di Milano. Nonostante il grosso investimento, forse ben 500 scudi d'oro, il loro tentativo non andò a buon fine.
L'impresa più duratura si ebbe per opera di Giorgio d'Adda, che a partire dal 1634, con due distinti privilegi, ottenne dal cardinale Infante la concessione non solo per la miniera d'oro di Alagna, ma anche per ogni altra miniera di qualunque metallo che avesse ritrovato in Valsesia. L’attività condotta dal D’Adda si estese nei decenni successivi a numerose miniere (Croso Sasso, filoni auriferi di Macugnaga e valle Anzasca, il ferro di Parone e Locarno) e continuò, appannaggio dei suoi eredi, fino al Settecento.

N. 3 - Storia delle miniere. Periodo sabaudo

Dopo l'annessione della Valsesia allo Stato Sabaudo, l'economia mineraria subì una svolta di tipo qualitativo e quantitativo, grazie alla gestione diretta statale, con forti investimenti di capitale e pesanti ripercussioni per l'uomo e l'ambiente. Nei primi decenni del secolo emerse la figura di Lorenzo Deriva, che per conto del Regio Patrimonio, organizzò l'estrazione in differenti siti valsesiani, estendendo le coltivazioni anche al rame (vallone d'Otro). Tenne il titolo di Capitano delle Miniere degli Stati Sabaudi fino al 1752, ad eccezione di una parentesi di un decennio (1624-1634) in cui il titolo fu conferito al luterano Giovanni Nicolao Mühlhan. Per i successivi due decenni la gestione dell’attività estrattiva fu affidata all’esercito. Nel complesso lo sfruttamento governativo delle miniere risultò finanziariamente disastroso e i reali decisero, con una decisa inversione di rotta, di abbandonare la coltivazione diretta e di affidarsi all’iniziativa privata.

N. 4 - Storia delle miniere. Periodo napoleonico

Il confuso quadro politico che scaturì in seguito alla
conquista Napoleonica (la valle viene tagliata in due dal fiume Sesia, divisa tra la Repubblica Cisalpina (poi Regno d’Italia) ebbe ripercussioni per la sempre precaria economia valsesiana, in particolare per l’attività estrattiva, gravata pesantemente dalla presenza di dogane. I governi italici non si dimostrarono in grado di organizzare un efficiente sistema mineralogico, stante anche la generale renitenza da parte dei concessionari a comunicare i titoli di proprietà in base ai quali procedevano nell’attività estrattiva.
Tra i maggiori concessionari spiccano le figure dei fratelli Pansiotti, Luigi e Giacomo, i quali, a partire dal 1775, avevano iniziato lo sfruttamento di alcuni giacimenti di ferro presenti in Valbella inferiore e nell’alta Val Sabbiola e che nel 1806 ottennero un’ingente commessa dal Ministero della Guerra per la fornitura triennale di proiettili d’artiglieria. Possedevano inoltre la miniera di rame di San Giacomo e quella d’oro di Cava Vecchia (Kreas).
Jean Nicolas Vincent, che dal 1786 coltivava alcuni filoni auriferi nel sito chiamato vallone di Borso, al di sopra delle Pisse di Alagna, chiese il rinnovo della concessione nel 1808 per un ulteriore cinquantennio. Egli entrò in conflitto con Antonio Ferro e Guseppe De Paulis, che si dichiaravano proprietari delle terre e dunque legittimi possessori dei filoni ivi affioranti.
Nel 1806 passano di proprietà la miniera di ferro dell’Olen e gli impianti siderurgici di Campertogno, fondati nel 1796 dal capitano Gianoli e soci e passati ora a Giovanni Antonio Molino e Giuseppe Dellabianca.

N. 5 - Testimonianze di vita in miniera

Guglielmo Gazzo, classe 1905, è figlio di uno scalpellino che emigrò da Cimulamera, in Valle Anzasca, ad Alagna, chiamato a preparare le macine per i mulini della miniera di Kreas. All’età di quattordici anni, incominciò a lavorare in miniera.

"Da Alagna ci hanno portato una brutta notizia: probabilmente Italia e Inghilterra si dichiareranno accanita guerra. […] Una gran sventura per tutti. Lo Stato italiano esproprierà la miniera di Kreas, la nostra miniera, e noi resteremo tutti disoccupati. Quanti uomini ogni giorno si recano quassù a Kreas in cerca di Lavoro! Lavoro che non possono più trovare, perché Campbell non finanzia da tempo, e il governo fascista… non ne ha, ma anche ne avesse…!
Era stato il colmo della sfortuna, la chiusura della miniera di Kreas, della miniera d’oro di Kreas. Ora che le famiglie dei minatori stavano migliorando, giorno per giorno, la loro posizione finanziaria, ecco la chiusura della miniera, l’improvviso licenziamento di tutti gli operai. Col costante, col perseverante lavoro, magari anche a rischio della vita, Antonio era riuscito a comprarsi un bell’agnellino, tondo tondo, da allevare; infatti cresceva a vista d’occhio. Un altro, Giuseppe, aveva comprato due vispi capretti, che, una volta cresciuti abbastanza, avrebbe fatto uccidere per farne salumi per lui e per la sua famiglia. Per ora erano lo svago, il divertimento, di tutti i bambini delle famiglie che avevano domicilio a Kreas. Un altro ancora, Giuseppe, era persino riuscito a comprarsi una casa, una casa di legno già un po’ vecchia, ma comunque…
[…] Tutti erano arrivati ad Alagna possedendo poche lire. Oggi invece avevano almeno qualcosa, grazie a quel lavoro continuo e proficuo.
Il bel sogno è già terminato. Ora più nessuno può mettersi da parte un soldo. Come una carovana di zingari, devono riunirsi e partire. Partire per Alagna per poi prendere il mezzo che li porterà al treno e infine a destinazione, ai loro paesi, alle loro misere case" (da: Alagna e le sue miniere. Cinquecento anni di attività mineraria ai piedi del Monte Rosa, Alagna 1990, pp. 408-9).