Se otto ore vi sembran poche

a cura di F. Frongia, I.A. Montalenti, S. Sette

Attraverso i documenti originali, fonti bibliografiche e periodici del tempo conosciamo i personaggi e ricostruiamo le vicende che hanno portato alla conquista di migliori condizioni lavorative, tra cui quella delle otto ore, da parte dei contadini del vercellese tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900.

Testi e immagini a cura di Fabrizio Frongia, Ilaria Alessandra Montalenti e Silvia Sette.

Il regolamento Cantelli e le condizioni lavorative in risaia 

Il regolamento Cantelli, emanato nel 1859, disciplinava l’orario del lavoro e le condizioni igieniche in risaia. Spesso disatteso, la mancata sua applicazione è stata la miccia che, a cavallo tra XIX e XX secolo, ha innescato le lotte per la rivendicazione dei diritti dei lavoratori.
Così tuonava "La Risaia" dell'8 dicembre del 1900: “Funzionari di polizia, carabinieri e guardie che fate condannare il contadino che ha preso un soldo di legna, fate rispettare la legge anche dai ricchi” (n. 1).

Una lettera del Sotto-prefetto di Vercelli indirizzata ai sindaci del circondario, datata 13 luglio 1901, fotografa le condizioni usuranti del lavoro in campagna e in risaia, che furono alla base delle rivendicazioni salariali e delle lotte per la riduzione dell'orario di lavoro: la giornata, come vedremo, iniziava alle 4 del mattino per 12 ore di lavoro effettivo e proseguiva spesso fino a tarda sera con le occupazioni che potevano essere compiute nell'aia. Ecco le misere retribuzioni giornaliere per i mondariso (tra 1,2 e 2,1 lire pari a 5,4-9,4 €), i falciatori (3 lire pari a 13,5 €) e la mietitura del frumento (3 lire) del Comune di Cascine San Giacomo per gli anni 1900 e 1901 quando un chilo di pane costava 0,4 lire (pari a 1,8€) (n. 3).

I fatti di Bianzè

I documenti riprodotti nelle immagini 4, 5, 6, 7 e 8 ci raccontano le prime rivendicazioni avanzate dai lavoratori, avvenute nel paese di Bianzè. Qui, fin dall’agosto del 1896 era sorto un dissidio tra braccianti e proprietari sulla paga: i lavoratori chiedevano un aumento rispetto all’anno precedente che i proprietari non volevano concedere. Il dottor Fabrizio Maffi, medico condotto del paese, aveva quindi inviato al Prefetto un’istanza affinché intervenisse per una mediazione. La cosa era passata dal Prefetto al Sottoprefetto e da questi al Sindaco, Carlo Marcone, che non aveva concluso nulla poiché era egli stesso uno dei principali coltivatori di riso. Il 12 ottobre il Sottoprefetto si era presentato a Bianzè per tentare una nuova conciliazione e Maffi era stato individuato come rappresentante dei lavoratori. La folla si accalcava fuori dalla porta e nell’atrio del Municipio e gridava “pane e lavoro!”, "Fuori il sindaco!”. Al termine della discussione, lunga ed animata, l’aumento fu concesso e Maffi riuscì a spuntarla non senza pagare lo scotto di un procedimento penale a suo carico (n. 4).
Si legge dal  verbale d'udienza del 3 maggio 1897: 
Maffi dott. Fabrizio, di Francesco e di Gobetti Cristina, nato a San Zenone al Po il 2 ottobre 1868, residente a Bianzè, celibe, medico chirurgo. […]
Imputato di oltraggio contro persona rivestita di pubblica autorità […] per avere nel giorno 12 ottobre 1896 in Bianzè e nella casa comunale oltraggiato il sotto-prefetto di Vercelli […] dicendo in sua presenza: “che le autorità sposavano sempre la causa dei proprietari e che erano soliti a tardare a provvedere perché si voleva che avvenissero conflitti e così procurarsi i facili trionfi di repressioni violente”. […] 
È difeso dagli avvocati Poddigue Giuseppe di Torino e Cugnolio Modesto di Vercelli. (n. 5)
Ancora dal verbale d'udienza, l'affermazione del dott. Maffi relativamente ai disordini di Bianzè: 
"Il Marcone mi insolentì dicendomi “faccia il medico e non si interessi nei fatti altrui” dicendomi altre insolenze e finimmo per alzarci. Non potendosi concertare nulla la gente rumoreggiava e volendo uscire il Sottoprefetto mi disse: “lei che ha influenza mandi a casa questa gente”.[…] Feci segno alla popolazione di far silenzio, ma essa gridava; allora dissi al Sottoprefetto: avrò influenza ma vi è fra costoro qualche cosa che ha più influenza di me, c’è la fame. So che il tenente dei Regi Carabinieri diceva “Stasera scorrerà sangue”. […] Il tumulto durò circa un’ora. La frase dello sposare la causa dei proprietari non l’ho detta è troppo usata. Avrò detto una espressione consimile. Io delle autorità penso così, forse anche peggio. Il processo si fa alle parole non alle intenzioni" (n. 6). 
Il capo d'accusa: che le autorità sposavano sempre la causa "dei proprietari e che erano soliti a tardare a provvedere perché si voleva che avvenissero conflitti e così procurarsi i facili trionfi di repressioni violente" (n. 7).
Dalle pagine di un giornale del tempo, ecco quello che scrisse la stampa sui fatti di Bianzè (n. 8).

La fondazione della Camera del Lavoro

Dal marzo 1898 compaiono sui muri di tutto il Vercellese manifesti per la raccolta delle adesioni alla Camera del Lavoro.

"Con la presente Ella riceverà un esemplare di manifesto da affiggere alla porta di codesta sede [...]. Il Sottoprefetto ha dato ordine ai Carabinieri di non opporsi. Se il Sindaco facesse difficoltà mi avvisi perchè il Sottoprefetto è inteso che scriverà anche a lui ed io le manderei subito un altro manifesto". Firmato Avv. Modesto Cugnolio (n. 10).
Tra i nomi più importanti che fecero propaganda in prima persona emergono le figure di Modesto Cugnolio e Fabrizio Maffi. (n. 11, con firma autografa dell'avvocato Modesto Cugnolio). 

Si concretizza così la proposta del contadino Francesco Lazzarotti della Società cooperativa di lavoro di San Germano Vercellese di dar vita ad un'organizzazione che contribuisca a risolvere le controversie tra proprietari e braccianti e che possa metter in campo un potere contrattualistico maggiore, coordinando le forze fino allora disseminate dei lavoratori (n. 12, 13).

L'archivio storico della Camera del Lavoro è oggi conservato presso di CGIL Vercelli Valsesia.

Fabrizio Maffi. Una vita dedita alla cura degli uomini e della società

(San Zenone Po, 2 ottobre 1868 – Cavi di Lavagna, 23 febbraio 1955)

Impossibile sintetizzare la vita di Fabrizio. Figlio di uno zoccolaio fu uno dei protagonisti delle lotte sindacali nel Vercellese, in prima linea nella ricerca medica - in particolar modo contro la TBC - esponente di spicco del partito socialista, irriducibile antifascista ed infine deputato all'Assemblea costituente. Pagò con il carcere e l'esilio, con aggressioni e pestaggi (uno dei quali mentre si accingeva a documentare la responsabilità di Mussolini nel delitto Matteotti), con il confino a Pantelleria e poi a Ustica il suo impegno a favore dei malati e dei lavoratori.
Fabrizio si laurea a 24 anni in medicina e viene assegnato, come medico condotto, al Comune di Bianzè. Qui a diretto contatto con la miseria e le precarie condizioni igieniche comincia a esporsi in prima persona organizzando scioperi, agitazioni e conferenze volte a sensibilizzare la popolazione sui temi dei diritti.
Parallelamente, in campo medico, dà grande impulso alla ricerca contro la tubercolosi compiendo numerosi viaggi in Svizzera, in Francia e in Germania per documentarsi sull'organizzazione dei sanatori. In seguito diviene direttore di diversi sanatori come quello del Gottardo, di cui promosse la costruzione, di Bergamo e di Prasomaso, in Valtellina.
La sua lunga parabola di vita si conclude a 87 anni dopo aver preso parte in prima persona ad alcuni degli episodi più significativi della storia contemporanea (n. 14).

In una foto dell'epoca lo si può vedere in un locale dell'Università di Pavia mentre da dietro la lavagna rifinisce la caricatura del suo professore, l'ultimo a destra (n. 15).

Modesto Cugnolio. L'avvocato dei contadini

(Vercelli, 20/22 marzo 1863 - Roma, 18 marzo 1917)

Di estrazione borghese, avvocato protagonista delle lotte operaie nelle risaie vercellesi, Modesto (n. 16) frequenta le scuole superiori presso un collegio gesuita e si laurea in legge a Torino. Giovanissimo aderisce alla causa socialista e, favorito dalla sua agiata condizione familiare, diviene l’”avvocato dei contadini”, che difenderà spesso in giudizio a titolo totalmente gratuito. Nel 1900, con l'amico Fabrizio Maffi e altri militanti, fonda il primo giornale socialista del Vercellese, "La Risaia", organo della Federazione regionale agricola piemontese, della Camera del lavoro e delle altre istituzioni proletarie del circondario.
Rosaldo Ordano lo ricorda come la più generosa ed illuminata guida che il movimento contadino ed operaio vercellese abbia mai avuto.
Nel 1913 viene eletto deputato e proseguirà a livello nazionale le battaglie per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei contadini. Si racconta che alla sua morte la salma, trasportata a Vercelli per i funerali, fu accompagnata dalla stazione al cimitero da una moltitudine commossa che giungeva da tutto il circondario.


Nel 1898 dovette affrontare il carcere in seguito ad agitazioni e scioperi (n. 17).

"L'avv. Cugnolio esiste?
Questo è certo.
Quando si vede per Vercelli un uomo il quale risponde a questi connotati... STATURA: media; CAPELLI:piuttosto scarsi (ed è un peccato perchè se ci fossero sarebbero biondi, e - forse - ricciuti); COLORITO: purpureo; NASO: regolare; BOCCA: graziosissima; MENTO: sbarbato PANCIA: cavouriana; ANDATURA: rigida; PRONUNCIA: mastica le erre in barba a chi vorrebbe che masticasse invece...amaro; SEGNI PARTICOLARI: una faccia di 'me n'impippo che innamora', allora, non può esserci dubbio è lui, è l'avvocato Cugnolio". La Piazza, 7 novembre 1903 (n. 18, 19).

La stagione delle repressioni

Nell’anno 1898 il Vercellese è in fermento, non si contano le conferenze, gli incontri, i comizi organizzati in seno al movimento dei lavoratori. Si distinguono per la loro capacità di infiammare gli animi Angelo Pizzorno, direttore del “Lavoratore”, Fabrizio Maffi e il prof. Carlo Sambucco. Proprio in occasione di una di queste conferenze tenuta presso il teatro Facchinetti a Vercelli, per la festa dei lavoratori del 1 maggio, si abbatte la censura. All’ingresso vengono bloccati i convenuti, la situazione degenera, volano insulti (n. 20).
Vengono spiccati 8 mandati d’arresto con l’accusa di non aver rispettato il divieto dell’autorità di pubblica sicurezza di tenere la conferenza. Episodi analoghi si verificano su tutto il territorio (n. 21).
Già il 12 febbraio Angelo Pizzorno e Giovanni Enrico sono citati in giudizio per aver tenuto e promosso una conferenza sul tema de “La condizione dell’operaio”. Sull’onda di questi provvedimenti, come abbiamo già visto, Modesto Cugnolio viene arrestato e Fabrizio Maffi scappa in Svizzera per sottrarsi al mandato di cattura. Questi moti di protesta, lungi dal rappresentare un caso isolato, si diffondono in tutta la Penisola a causa dello stato di miseria delle classi sociali più povere (n. 22).
La Procura del Regno emana un mandato di cattura contro Fabrizio Maffi che scappa, a piedi, in Svizzera (n. 23).
Così da San Zenone il padre Francesco scriveva al figlio Fabrizio esule:
"Trent'anni oggi [...] Tu eri portato a farti dare la prima lavata di capo in chiesa e indi ad iscriverti sui registri di Stato Civile. [...] Ma chi avrebbe detto allora che trent'anni dopo, il bambino di colui che tanto ardeva di amor patrio, sarebbe stato espulso dalla patria sua . [...] Ma non importa; ho sempre creduto che non si può essere veramente onesti se non a costo di grandi sagrifizi e abnegazione ".

L'opposizione...

"'i pijrùma a pé 'nt al cü

l'avucat Mudestu Cü"


Ettore Ara (Vercelli, 1853-1927). Di famiglia borghese, Ettore era nipote di Demetrio Ara, sindaco di Vercelli dal 1878 al 1890, e padre di Guido, storico calciatore della Pro Vercelli dei 7 scudetti. Progettò a Vercelli la costruzione di numerosi edifici, fu amministratore dei beni dell’Ordine Mauriziano e, di idee politiche liberali, fu più volte consigliere comunale, schierandosi sempre all’opposizione. Negli anni tra il 1909-1911 fu redattore del giornale satirico “Il bicciolano” nel quale spesso inveiva contro i suoi avversari politici come ad esempio Piero Lucca, Modesto Cugnolio e Mario Abbiate.
È considerato il più grande poeta dialettale vercellese del primo novecento, poichè la sua poetica spazia dall’invettiva sociale e politica ai canti dedicati agli affetti familiari (n. 24).
Sui moti del maggio del 1898 accaduti in S. Germano Ettore Ara scrive una lirica in cui condanna gli eccessi della repressione. "Il suo sdegno, attenuato dal sorriso, lo eleva anche qui al di sopra del consueto sarcasmo, facendogli raggiungere il tono della satira" (C. Rosso).

"Per fortuna che c’era il Pro-Prefetto,
altrimenti a Vercelli era un disastro;
ma lui senz’altro ne ha legati sette,
tutti bei socialisti.
Non basta: fa fermare un direttissimo,
l’invia a San Germano con soldati
che debbono arrestar senza ritegno
tutti quei che hanno l’aria di fiatare.
Minaccia perché son bastian contrari
di sfrattar Masoero, legar Gallardi,
impacchetta Cugnolio e Picarolo.
Acchiappa, acchiappa, poi fa imprigionare;
Ma a forza di acchiappar senza riguardo
per sbaglio acchiappa pur…la promozione"
(n. 25)

Dal verbale di citazione del Procuratore del Re relativo ai moti di S. Germano si legge che gli imputati sono accusati di "aver nella pubblica via cantato in coro l'inno dei lavoratori del Turati, incitato all'odio fra le varie classi sociali, in modo pericoloso per la pubblica tranquillità" (n. 26).

Cugnolio e la tattica legalitaria

Al comandante della stazione dei carabinieri di Crescentino: “Il sottoscritto denuncia a codesta benemerita arma che nelle cascine Favorita, Scavarda e Motta in territorio di Fontanetto Po, tenuta in affitto […] le squadre dei mondarisi vengono fatti entrar nell’acqua e lavorare prima che sia trascorsa un'ora dal levar del sole. Invita questa benemerita arma a verificar il fatto ed elevar contravvenzioni". A nome della Lega Miglioramento Fra Contadini di Palazzolo Vercellese (n. 27).

La strategia portata avanti da Cugnolio, alla guida della Federazione Regionale Agricola Piemontese (FRAP) si basava sul recupero di una dimenticata legge, il vecchio regolamento Cantelli del 1869, mai applicato, che all’art. 14 prescriveva: “i lavori delle risaie dovranno cominciarsi soltanto un’ora dopo il levare del sole ed essere sospesi un’ora prima del tramonto”. Le richieste del rispetto di questa norma, che spesso sfociavano in denunce alle autorità competenti, miravano alla riduzione dell’orario lavorativo accrescendo, in tal modo, la richiesta di mano d’opera e le paghe, contrastando inoltre il caporalato e il crumiraggio (n. 28).
Provvedimenti contro la malaria

Il Prefetto della provincia di Novara, il 5 dicembre 1902, disponeva:
DELIMITAZIONE DELLA ZONA DI RISPETTO - Spesso si è reclamato a questo Ufficio contro inconvenienti igenici derivanti dalla vicinanza delle risaie all'abitato e spesso si è avuto occasione di rilevare che i reclami erano fondati e che le risaie non si trovavano alla distanza regolamentare. Ad evitare che per l'avvenire si verifichino tali inconvenienti ti e per assicurare l'esatta osservanza delle prescrizioni [...] invito a provvedere acché sia ESATTAMENTE DELIMITATA LA ZONA DI RISPETTO INTORNO ALL'ABITATO E CHE SIA SEGNATA CON TERMINI LAPIDEI BENE APPARISCENTI (n. 30).

Lo sciopero "delle barricate” e la conquista delle otto ore a Vercelli


La tattica “legalitaria” portata avanti da Cugnolio, finalizzata al rispetto del regolamento Cantelli, prevedeva un ricorso massiccio allo strumento dello sciopero dei lavoratori. Una prima stagione di agitazioni, nella primavera del 1904, portava alla conquista dei primi patti per le 8 ore lavorative a Tricerro e in altri tre comuni della pianura vercellese. Le lotte riprendevano in maniera intensa nel 1906 e culminavano tra il 31 maggio ed il 2 giugno, a Vercelli, nel grande sciopero “delle barricate”. Centinaia di braccianti e mondine convergevano nel centro del Capoluogo al grido “vogliamo le otto ore”, mentre un corteo partito dalla Camera del lavoro attraversava la città raggiungendo il municipio. Il 1 e il 2 giugno scoppiavano tumulti in ogni angolo della città, le officine venivano occupate dai dimostranti, le serrande degli esercizi commerciali abbassate per timore di danneggiamenti, forzati i presidi militari. Nei giorni seguenti venivano arrestati e in seguito processati e condannati ben 26 manifestanti, ma la situazione di tensione spingeva gli agricoltori a cedere e a mettere nero su bianco il riconoscimento delle otto ore nei lavori agricoli e un cospicuo aumento delle tariffe. Questa lunga stagione di lotte per la dignità del lavoro nelle risaie promossa dal Cugnolio, dal Maffi e da altri protagonisti del movimento dei contadini del vercellese ottenevano dunque un successo storico, i cui echi si estendevano ben oltre i confini della pianura “ dal mare a quadretti”, aprendo la porte, ovunque, ad analoghe rivendicazioni per altre categorie di lavoratori (n. 31).

Di seguito, alcune sentenze emesse dal Tribunale penale di Vercelli nei confronti di partecipanti agli scioperi del 1906.

IN NOME DI S.M.
VITTORIO EMAMUELE III°
Per grazia di Dio e per volontà della Nazione
Re d'Italia e di Albania Imperatore d'Etiopia
Il Tribunale penale di Vercelli
ha pronunciato la seguente sentenza:

Contro gli imputati, comparsi insieme, accusati di:

I. di avere con violenza e minacce impedita la libertà delle industrie,nonché cagionato la cessazione di lavoro nella fabbrica Bellia e Maggia e in altri opifici allo scopo di imporre patti diversi da quelli precedentemente consentiti (artt. 63, 165, 166 C.P.)

II. di avere usato violenze, vie di fatto e minacce a pubblici ufficiali mentre adempivano doveri inerenti all'ufficio loro e per opporsi allo adempimento dei medesimi (artt. 63, 165 e 2, 207 C.P.)

III. di avere oltraggiato e minacciato reali carabinieri ed altri pubblici ufficiali in loro presenza ed a causa delle funzioni loro cogli epiteti di vigliacchi, mascalzoni, schifosi, morti di fame e simili, nonché proferire all'indirizzo dei medesimi frasi ed espressioni minacciose quali venite avanti, vi prendiamo la pelle, vi gettiamo giù da cavallo (artt. 63, 194, 195, 207 C.P.) 
IIII. di avere cagionato lesioni a pubblici ufficiali a causa delle funzioni loro, e cioè al capitano Tito Ernesto una ferita alla faccia e rottura d’un dente per cui riportò malattia guarita in giorni dodici col reliquato di uno sfregio permanente ed indebolimento permanente dell'organo della masticazione, al tenente Monaco Riccardo una lesione all'indice della mano sinistra guarita in sette giorni senza lasciare conseguenze secondo l'avviso della scienza medica (artt. 63, 372. p.p. n. 1 373, 365 n. 2 C.P.)

V. di avere volontariamente rotti e guasti vetri, lampioni dei fanali a luce elettrica ed a gas, nonché distrutto un casotto daziario e delle panche di pubblici ritrovi, causando all'amministrazione dell’ospedale un danno di poche lire, all'amministrazione comunale un danno di lire cinque, all’officina del gas quello di lire 115 circa, ed all’officina elettrica quello di £ 60 circa (artt. 63, 424, 425 C.P.)

reati commessi in Vercelli il 31
maggio, 1 e 2 giugno I906.

L'Aliberti Umberto in suo particolare

VI. del delitto previsto e punito dall'art. 247 C.P. per avere il 31 maggio 1906, in Vercelli, pubblicamente incitato alla disobbedienza delle leggi ed all'odio fra le varie classi sociali in modo pericoloso della pubblica tranquillità con discorsi e col gridare viva l'anarchia.
Nei giorni 31 maggio 1 e 2 giugno 1906. Vercelli di solito città tanto tranquilla fu pervasa anch'essa da moti convulsi dalla sua popolazione operaia, e mentre causa latente di questa ci fu la crisi metallurgica, ne fu causa determinante e finale lo sciopero dichiarato dai mondariso per ottenere diminuzione di ore di lavoro ed aumento di salario.
[…]
Il Tribunale il quale non deve dimenticare la gravità dei fatti, non deve dimenticare che si tratta di centinaia e centinaia di persone che si agitavano per una quistione esclusivamente economica per ottenere un aumento di salario, che riconosciuto non ingiusto ottennero difatti. Non deve dimenticare trattarsi di una di quelle insurrezioni
della folla della quale ciascuno perde una parte della sua libertà e della sua volontà, subisce la suggestione della moltitudine e le singole responsabilità sono diminuite dalla responsabilità collettiva.
E queste considerazioni devono inspirare il Tribunale ad essere mite.... (n. 32, 33, 34)
"Nel pomeriggio un altro gruppo di queste donne scioperanti, con alla testa una bandiera dai colori rosso e bianco, girarono per la città sempre gridando: VIVA LO SCIOPERO GENERALE - VOGLIAMO LE 8 ORE", La Nuova Gazzetta Vercellese 1° giugno 1906 (n. 35).

La vittoria!! 

Gli effetti dello “sciopero delle barricate” si fecero sentire nei mesi successivi.
Nell’agosto 1906, prima dell’inizio dei lavori di trebbiatura del riso, per scongiurare il verificarsi di nuove sommosse, i proprietari rappresentati della Società degli agricoltori del Vercellese e Modesto Cugnolio in rappresentanza della Federazione dei contadini firmano una serie di accordi in diversi comuni del Vercellese.
Un comunicato prestampato, datato Vercelli 22 agosto 1906 e inviato ai sindaci e alle leghe dei contadini del circondario di Vercelli, così esorta:
“Siccome però è desiderio ed interesse comune, che nelle attuali condizioni di cose si possa addivenire ad un pronto accordo anche in quei paesi in cui ancora non poté essere raggiunto, le rappresentanze delle due Associazioni fanno voti, perché nei diversi Comuni conduttori e lavoratori, inspirandosi ai criterii adottati nella convenzione stipulata per il Comune di Vercelli, abbiano addivenire ad un accorso sulle stesse basi, salve le varianti giustificate dalle speciali contingenze delle diverse località. Ed a facilitare il conseguimento di questo scopo si riassumono qui i patti stipulati:.... “ (n. 36).
“Memoriale pei lavoratori del comune di Cascine S. Giacomo che si presenta dalla commissione dei contadini e contadine a mezzo dell’Illustrissimo signor delegato Talvecchia Giovanni alla commissione dei fittabili per venire ad amichevole transazione. Desiderata” 
Questo documento del 29 agosto presenta le richieste dei lavoratori per l’ottenimento di un tavolo di mediazione coi proprietari e mette in evidenza come i contadini avessero recepito le indicazioni della Federazione (n. 37).
Nel comune di Cascine San Giacomo (l'attuale San Giacomo Vercellese) si arriva così al "Patto", siglato in data 31 agosto 1906, presso gli uffici del comune, tra i proprietari e la commissione dei contadini del luogo con l’intervento del sindaco e del delegato di pubblica sicurezza e del segretario federale, nel quale “si conviene il seguente patto per regolare i lavori della corrente stagione risicola.
1. La giornata è fissata in otto ore di lavoro utile.
2. La mercede della giornata sarà di lire quattro e cent.mi venticinque per gli uomini e lire tre
per le donne.“ [...]. 
In calce al documento è visibile la firma di Modesto Cugnolio, segretario federale, e la firma del sindaco che risulta essere anche tra i proprietari firmatari dell’accordo (n. 38, 39).

Il 28 aprile è stato istituito come giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro. Noi la celebriamo così:
Nota che il Sottoprefetto di Vercelli inviava ai sindaci il 6 agosto 1908 riguardo l’assistenza ai lavoratori delle risaie.

Richiamo l’attenzione della Signoria Vostra sulla necessità di persistere nei provvedimenti idonei a combattere la malaria sebbene i lavori di mondatura siano ora ultimati bisogna pur sempre curare che ai lavoratori, i quali rimangono sul luogo, sia distribuito il chinino di Stato e siano somministrati alimenti di buona qualità e acqua potabile. Occorre inoltre assicurare il deflusso delle acque nelle risaie per evitare la formazione di stagni e di pozzanghere di acqua stagnante e ancora mantenere alle aperture delle abitazioni le reticelle […]. Prego la Signoria Vostra di dare istruzioni formali al medico incaricato dell’assistenza sanitaria […] affinchè invigili se la legge abbia la sua applicazione ed al caso riferisca all’Amministrazione Comunale. Si compiaccia di darmi un cenno della ricevuta della presente.
Il Sotto Prefetto.

(n. 40).